Trib. Milano (ord.), 4 ottobre 2005
Il Giudice dott.ssa Alessandra Dal Moro, designato alla trattazione del procedimento per provvedimento d’urgenza N.R.G. 49788- 1/2005, promosso con ricorso ex art. 2378 3° comma c.c. da: RICORRENTE s.r.l. in persona del legale rappresentante amministratore in carica Massimiliano Morocutti assistito dagli avv.ti Luigi Ratti e Antonella Ratti del Foro di Milano presso il quale elegge domicilio via Freguglia n. 8 Ricorrente resistente s.r.l. in liquidazione, in persona del liquidatore dott. Massimo Frascati assistita dall’Avv. Prof. Maurizio Bocchiola e dall’Avv. Daniela Trovato , domiciliata presso costoro in C.so Venezia n. 5 , a scioglimento della riserva di cui al verbale d’udienza del 20.9.2005, ha pronunciato la seguente ORDINANZA RICORRENTE s.r.l. ha notificato in data 13.7.2005 alla resistente s.r.l. in liquidazione, di cui è socia, atto di citazione per l’impugnativa della delibera assembleare del 30.6.2005 avente ad oggetto la messa in liquidazione volontaria della società, asseritamente assunta con abuso di potere da parte della maggioranza. In seguito, con ricorso, ha richiesto la sospensione dell’efficacia della delibera impugnata, prospettando il pericolo irreparabile rappresentato dalla possibilità che il liquidatore ceda il diritto di sfruttamento del brevetto di proprietà di resistente, in funzione del quale la stessa società era stata costituita. Costituendosi per l’udienza del 22.8.2005, fissata per la discussione della sospensiva richiesta, resistente contestava i fatti allegati nell’atto di citazione, e chiedeva in primis la dichiarazione di improcedibilità delle domande stante la clausola compromissoria di cui all’art. 29 dello statuto; quindi la medesima declaratoria per carenza di interesse ad agire, ed infine il rigetto nel merito delle stesse per la loro infondatezza. Va preliminarmente delibata l’eccezione d’improcedibilità della domanda sulla base della dedotta presenza di una clausola compromissoria, atteso il fatto che la questione è decisiva ed assorbe ogni altro aspetto della cautela richiesta ( ed, invero, in caso positivo, anche del giudizio di merito instaurato con la citazione notificata ). Tale eccezione ad avviso del giudice è fondata. L’art. 29 dello statuto della resistente dispone che “ Qualsiasi controversia dovesse insorgere tra i soci, ovvero tra i soci e la società, che abbia ad oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale, ad eccezione di quelle nelle quali la legge prevede l’intervento obbligatorio del Pubblico Ministero, dovrà essere risolta da un collegio arbitrale composto di tre arbitri tutti nominati dal Presidente dell’Ordine dei Dottori Commercialisti del luogo in cui ha sede la società (…) L’organismo arbitrale dovrà decidere entro sei mesi dalla nomina in via irritale e secondo equità. (...) le risoluzioni e determinazioni dell’organismo arbitrale vincoleranno le parti. (…)Per quanto non previsto si applicano le disposizioni del decreto legislativo 17.1.2003 n.5.(…)”. A fronte dell’eccezione proposta dalla resistente società, parte ricorrente non ha contestato che l’impugnativa della delibera assembleare debba ritenersi rientrare tra le controversie devolute alla cognizione del Collegio Arbitrale in virtú della clausola compromissoria predetta, avendo invero replicato all’eccezione di parte avversa solo deducendo la natura indisponibile del diritto oggetto della controversia. Sicchè detta questione va considerata incontroversa e pacifica. Quanto alla natura del diritto controverso ed alla deferibilità del giudizio agli arbitri, parte resistente ha osservato che dovendosi escludere che nella specie sia obbligatorio l’intervento del Pubblico Ministero, dovrebbe considerarsi pacifica l’applicabilità della clausola compromissoria, vertendo la controversia in materia di diritti disponibili. Sul punto va innanzitutto condiviso l’orientamento già formatosi anteriormente alla riforma, da cui neppure le parti intendono discostarsi, in virtú del quale le impugnazioni delle delibere assembleari ben possano rientrare tra le controversie devolute alla cognizione di un giudizio arbitrale – tanto piú alla luce dell’art. 35 comma 5 del decreto legislativo n. 5 del 2003 – purchè le stesse abbiano ad oggetto diritti disponibili. Si tratta quindi di stabilire se nella specie la delibera in questione riguardi un diritto nella disponibilità di colui che intende ottenerne tutela, come sostiene la resistente, oppure no. Ebbene nella specie GMT lamenta che con la delibera impugnata il socio di maggioranza Easy, decidendo la messa in liquidazione volontaria della società, avrebbe compiuto un abuso di potere ai danni del socio di minoranza, poiché la stessa sarebbe stata determinata esclusivamente dalla volontà di danneggiarlo, così escludendolo, a suo dire, dalla possibilità di sfruttamento commerciale del brevetto di proprietà della società resistente. Prospetta, dunque, un vizio della delibera impugnata che secondo una giurisprudenza anteriore alla riforma, tanto piú condivisibile alla luce del nuovo art. 2379 c.c. che ha tipizzato le ipotesi di nullità, deve ritenersi sanzionato dall’annullabilità della stessa, come del resto richiesto espressamente dal ricorrente. Pertanto, in considerazione sia della natura del vizio denunciato che dell’interesse privatistico sotteso all’azione intrapresa, diretta alla corretta esecuzione del contratto sociale tra soci, deve ritenersi che l’impugnativa in argomento riguardi un diritto diponibile e sia compromettibile in arbitri. Ciò detto, trattandosi di valutare la richiesta cautelare avanzata dalla ricorrente GMT, va affrontata la questione della concorrenza o dell’esclusività della competenza arbitrale nella specifica materia cautelare in oggetto, che le parti non hanno esplicitamente discusso, benché il ricorrente, chiedendo la dichiarazione di improcedibilità della domanda di sospensione dell’efficacia della delibera impugnata, abbia mostrato di averla implicitamente risolta. Ritiene il Giudice, di dover condividere l’opinione di chi ritiene che l’art. 35 comma 5° del d.lgs. n. 5 del 2003, pur con una formulazione per certi aspetti ambigua, abbia introdotto una spartizione di poteri tra arbitri ed autorità giudiziaria in materia cautelare, con la conseguente configurazione di una cognizione cautelare esclusiva in capo ai primi in materia di sospensione dell’efficacia della delibera assembleare impugnata. Detta norma, infatti, al primo periodo del 5° comma afferma che “ la devoluzione in arbitrato, anche non rituale, di una controversia non preclude il ricorso alla tutela cautelare a norma dell’art. 669 quinquies del c.p.c.”; ribadisce dunque che l’autorità giudiziaria ha in generale il potere di intervenire in via cautelare, tanto ante causam quanto in corso di causa, e recepisce, attribuendogli forza normativa, il discusso orientamento giurisprudenziale formatosi già nel vigore della normativa previgente, circa la persistenza del potere cautelare dell’autorità giudiziari pur quando si tratti di arbitrato irrituale. Specifica poi, nel prosieguo del periodo, intercalando con un “ma”, che “... agli arbitri compete sempre il potere di disporre con ordinanza non reclamabile la sospensione dell’efficacia della delibera”; pare stabilire, perciò, che, entro il circoscritto campo delle impugnative di delibere assembleari, compete agli arbitri e non all’autorità giudiziaria il potere di sospensione dell’efficacia della delibera, ed anzi che, entro detto ambito ad essi, compete l solo il potere di sospensione della delibera, restando il potere di disporre ogni altra cautela in capo comunque all’autorità giudiziaria. Detta disposizione, in altre parole, pare introdurre per lo specifico contenuto normativo attinente alle delibere assembleari, una deroga della generale disciplina dell’art.818 c.p.c. . con conseguente configurazione in capo agli arbitri ed in detta materia di una competenza cautelare esclusiva, non apparendo coerente con il complessivo sistema processuale della cautela , la possibilità di configurare una duplicazione di tutela, che potrebbe condurre a provvedimenti configgenti o a interferenze e sovrapposizione di decisioni dell’autorità giudiziaria nell’attività degli arbitri - frutto di una libera scelta negoziale delle parti - che il legislatore ha inteso evitare anche escludendo – molto discutibilmente - la possibilità di reclamo dell’ordinanza. Pertanto a fronte della predetta clausola compromissoria, va dichiarata l’improponiblità cedibilità della cautela richiesta, devoluta ex lege al potere esclusivo degli arbitri. Sussistono giusti motivi, attese le ragioni della decisione, e la novità della questione trattata per una integrale compensazione tra le parti delle spese della presente fase del procedimento. Dichiara l’improponibilità della domanda formulata in via cautelare dalla ricorrente s.r.l. Compensa integralmente tra le parti le spese del presente procedimento cautelare. Milano 4 ottobre 2005. Il Giudice dott.ssa Alessandra Dal Moro |