Trib. Milano, 18 gennaio 2006 RG. 82249



REPUBBLICA ITALIANA


IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO - SEZIONE OTTAVA


nelle persone dei seguenti magistrati:

Dott. Ugo FERRARIS Presidente

Dott. Francesca FIECCONI Giudice

Dott. Enrico CONSOLANDI Giudice relatore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA


nella causa civile di I Grado iscritta al N. 82249/2004 R.G. promossa da:

«ZACCHERA» CORRADO elettivamente domiciliato in Via F. Sforza, 15 - MILANO, presso e nello studio dell'avv. GAMBINO MASSIMO che lo rappresenta e difende assieme all’avv. Gaetano Franchina;

ATTORE

TOMA TERESA elettivamente domiciliato in Via F. Sforza, 15 - MILANO, presso e nello studio dell'avv. GAMBINO MASSIMO che lo rappresenta e difende assieme all’avv. Gaetano Franchina;

ATTORE

«ZACCHERA» RAFFAELE elettivamente domiciliato in Via F. Sforza, 15 - MILANO, presso e nello studio dell'avv. GAMBINO MASSIMO che lo rappresenta e difende assieme all’avv. Gaetano Franchina;

ATTORE

FINCAF SPA

elettivamente domiciliata in Via Mozart, 2 - MILANO, presso e nello studio dell'avv. SPOLIDORO MARCO SAVERIO che la rappresenta e difende in compagnia dell’avv. Giorgio Battisti;

CONVENUTA

in punto a:

"153112 - Impugnazione delle deliberazioni dell'assemblea e del c.d.a. delle società, delle mutue assicuratrici e delle società cooperative"

CONCLUSIONI


I procuratori delle parti hanno concluso come da istanza di fissazione udienza degli attori e da atto di risposta ex art. 3 d.lg. 5/2003 la convenuta società, che non ha depositato nota ex art. 10 del medesimo decreto ora citato.

Svolgimento del processo

Con la citazione notificata il 9 dicembre 2004 «Zacchera» Corrado, «Zacchera» Raffaele e Toma Teresa impugnavano la delibera adottata il 7 settembre 2004 della assemblea dei soci della Fincaf spa, che aveva approvato il bilancio al 31.12.2003, assumendone la nullità o annullabilità.

Tale assemblea in realtà era la seconda convocata per la approvazione di quel bilancio, come può desumersi dal fatto che si è svolta tardivamente rispetto alle disposizioni vigenti.

Si trattava della seconda bozza di quel bilancio: la prima, portata alla approvazione di precedente assemblea non comprendeva la partecipazione della società Baveno 2000 SRL, posseduta al 50 % dalla Fincaf fin dal 1991 e mai comparsa precedentemente nei bilanci.

Molteplici i vizi allegati dagli attori per la delibera che approvò tale seconda bozza, riassumibili, secondo il giudice relatore, in difetto di informazione dei soci, rilevato sotto piú aspetti e cioè con riferimento alla posizione della detta società controllata Baveno 2000 srl, ma anche ad altre problematiche, fra le quali gli ammortamenti, l'entità dei giroconti negativi, la mancata disaggregazione degli investimenti sulle operazioni in corso, la natura di entrate indicate genericamente come “altri ricavi” e la congruenza di voci quali questi ricavi appunto, riferibili alla lavanderia, i crediti verso clienti e i ricavi in genere.

Questa lettura della citazione è stata criticata dalla attrice nella comparsa conclusionale, che a pagina 2 della memoria rilevava come fossero stati rilevati, oltre alla mancanza di informazione in assemblea, anche vizi di merito del bilancio poi approvato e cioè:

1. la incongruenza fra la voce debiti per obbligazioni del precedente esercizio e quella al 31.12.2002 (pag. 10 atto citazione)
2. l’iscrizione della Baveno 2000 srl fra le controllate anzichè le collegate (pag. 12 cit.)
3. Era iscritto per la prima volta il credito da finanziamento della Baveno 2000 srl (pag. 13 atto ci.)
4. il credito da finanziamento della Baveno 2000 srl era classificato come fruttifero, mentre non erano iscritti interessi derivanti da tale finanziamento
5. l’incongruenza fra il bilancio e le scritture contabili, dalle quali non risultava alla voce “partecipazioni” la Baveno 2000 per 13.260 euro e alla voce “crediti verso controllate” il finanziamento di euro 26.500, mentre alla voce “debiti verso altri finanziatori” non risultava, sempre nelle scritture contabili, quanto versato – da alcuni soci, si anticipa – per l’acquisto di quella partecipazione e cioè euro 13.260 + 26.500 = 39.760.

Le difese della convenuta riguardano in primo luogo la esistenza di una clausola compromissoria statutaria, che il convenuto ritiene tuttora valida e non attinente profili incompromettibili, perchè la impugnativa avrebbe oggetto non già la legittimità del bilancio, ma la corretta informativa dei soci, questione sicuramente disponibile.

Secondo la tesi del convenuto la nullità dell’art. 34 d.lg. 5/2003 sarebbe stata comminata per ovviare alle difficoltà insorgenti quando le parti in conflitto son piú di due e non potrebbe perciò colpire la volontà statutaria in casi come quello di specie, che contempla sol due litiganti. Si dovrebbe premiare la possibilità di soluzioni alla lite alternative all’ordinaria lite innanzi alla a.g.o., nello spirito della riforma, mantenendo la validità di questi accordi previgenti.

In particolare argomentando dal sesto comma del secondo (bis) dei molteplici art. 223 delle disposizioni di attuazione e transitorie del cpc, si trae che vi è una sostituzione, senza alcuna soluzione di continuità, fra le clausole antevigenti – e difformi – alla riforma delle società e quelle a questa successive - e conformi – per cui si dovrebbe riconoscere che l’ordinamento non sanzionerebbe di immediata nullità queste clausole, fintanto che non vengano adeguate.

In subordine sostiene la convenuta che nelle clausole anteriori e difformi alla odierna disciplina dovrebbero ritenersi inserite ex lege le nuove regole relative alla nomina degli arbitri portate dall'art. 34 d.lg. 5/2003.

Nel merito si rileva nella comparsa di risposta che la omissione della partecipazione Baveno 2000 srl era stata ovviata nella bozza di bilancio poi approvata e comunque che la omissione nei precedenti anni non aveva comportato variazione dei risultati dell’ esercizio cui si riferiva il documento approvato.

Quanto alla violazione del diritto di informativa lamentato dagli attori oppone la società convenuta che vi è un limite alla analiticità delle informazioni derivante dalla sede assembleare e dal non essere tenuta la Fincaf spa ad un bilancio consolidato; per altro le informazioni per quanto possibile e compatibile con la sede assembleare erano state date, sempre secondo la allegazione della convenuta.

In sede di discussione, per vero, parte attrice ha dedicato maggiormente attenzione ai diritti di informazione in assemblea dovuti ai soci, mentre parte convenuta ha lasciato intendere di coltivare la eccezione della clausola compromissoria con qualche riserva di carattere pratico, essendosi comunque giunti alla fase decisionale della causa.

Motivi


Il primo motivo della presente decisione è che va respinta quest’ultima eccezione; si conferma qui l’orientamento di questo Tribunale, già noto alle parti, circa la nullità delle clausole compromissorie che non attribuiscono la decisione a arbitri nominati esclusivamente da soggetti estranei alla società (art. 34 c. 2 d.lg. 5/2003).

In pratica vengono ad essere nulle quasi tutte le clausole, redatte secondo la tradizionale formula della nomina di un arbitro da parte di ciascuna della parti in conflitto e di un altro arbitro eletto da questi o indicato da soggetto terzo; questo è il contrario dell’intento dichiarato dal legislatore di favorire soluzioni alle liti che siano diverse dal giudizio della A.G.; deve tuttavia osservarsi che il disegno del legislatore era che le clausole venissero adeguate in tempi brevi e che si potesse adottare la disciplina transitoria per tutte le società, che sicuramente avrebbero adeguato le loro clausole entro il 30 settembre 2004. Così non è stato: molte società non hanno provveduto e così il problema di cui si tratta assume notevoli dimensioni.

La tesi sostenuta dalla convenuta non è confusa, al contrario è chiara nelle finalità, coerenti allo spirito della riforma, ma urta un ostacolo difficilmente sorpassabile e cioè la lettera dell’art. 34, che verrebbe elusa ove si consentisse la ultrattività di clausole non adeguate alla nuova disposizione in odio alle clausole arbitrali per le quali le parti “interne” alle società di capitali possano nominare anche un solo loro arbitro.

Occorre riconoscere al legislatore la discrezionalità di privilegiare e tutelare al massimo la indipendenza dalla società, quale mezzo per favorire la affidabilità della soluzione arbitrale delle liti e d’altronde la formulazione del regime transitorio è sempre stata riconosciuta dalla giurisprudenza costituzionale come una scelta incensurabile del riformatore.

Vero è che gli effetti di quelle clausole, soprattutto nel caso di specie, non sono intollerabili al sistema, nè anteriore nè posteriore alla riforma, ma altrettanto vero è che appare chiaro che il legislatore ha voluto raggiungere una uniformità, almeno sotto questo profilo, degli statuti delle società di capitali.

In effetti il problema nasce, nella maggior parte dei casi, dal mancato adeguamento tempestivo dello statuto e della clausola e il non avervi provveduto comporta che questa inattività debba esser letta come una mancata adesione al tipo di arbitrato oggi proposto come obbligatorio dalla normativa societaria.

Questa lettura dell’inattività delle parti come volontà contraria alla nuova clausola compromissoria consente di superare anche il secondo ordine di argomenti di parte convenuta, che fa riferimento alla possibilità di integrazione della volontà delle parti, sostituendo alle modalità di nomina degli arbitri previste dallo statuto altre, che siano conformi al dettato legislativo e che ciò avvenga “ope iudicis”, o meglio, nel caso si adisca la procedura arbitrale, “ope arbitri”.

Se la clausola compromissoria è un accordo sulle modalità della lite, deve riconoscersi che questo accordo non può che ritenersi esteso non solo all’evitare di comparire innanzi alla A.G.O., ma anche al modo “alternativo” di condurre la lite e, venendo meno questo, non può che cadere l’intero accordo. Diversamente opinando, oltre tutto, si aprirebbe il campo ad una serie di liti sul modo di litigare, poichè infiniti sono i possibili modi di nomina degli arbitri, che non favorirebbero certo la rapida soluzione dei conflitti.

A ciò si aggiunga, nel caso di specie, che la clausola non è antevigente, ma è stata approvata il 15 settembre 2004, in chiaro spregio alla disposizione di cui all’art. 34 d.lg. 5/2003, perchè essa prevede (cfr. art 33 dello Statuto prodotto dalla convenuta doc. 1) che ciascuna parte in conflitto, anche quando interna alla società o quando sia, come nel caso, la società stessa, nomini un arbitro. Ritenere non operante nel caso la sanzione di nullità sarebbe pertanto come tenere in non cale un testo legislativo.

Si deve perciò affrontare il merito della questione e giova ricordare quel che ha riferito l’avvocato di parte convenuta in discussione: la Fincaf è una società di famiglia - il che evidentemente non esclude liti - ed i soci, non rileva se tutti o solo alcuni, avevano acquistato le quote della Baveno 2000 srl pari al 50 % del capitale da tempo e da tempo la avevano pagata con danaro loro, ma intestandola alla società: di questo poi s’era persa memoria e la partecipazione, di società non operativa, era stata “dimenticata” finchè altro socio, sempre di famiglia, aveva sollevato la questione. Per questo si era provveduto a redigere un secondo bilancio che, finalmente, comprendeva la partecipazione.

Questo in effetti riflette il bilancio poi approvato nel momento in cui riporta un finanziamento “di terzi” pari a quanto investito, fra capitale e altri esborsi e non è sostanzialmente contestato dagli attori.

Si affronteranno per prime le questioni relative ai vizi di merito del bilancio, da tenersi ben distinti concettualmente dalle lamentate mancate risposte in assemblea; tali questioni sono e son state elencate nella parte relativa allo svolgimento del processo, secondo la elencazione effettuata nella conclusionale.

La lagnanza relativa al fatto che la Baveno 2000 srl sia stata “dimenticata” dai bilanci precedenti in realtà riguarda i precedenti bilanci, non certo quello di cui oggi si dibatte, nel quale la partecipazione è evidenziata. Analogo discorso va fatto per quanto riguarda i finanziamenti alla Baveno 2000 srl, del resto operato con danari forniti da - alcuni o tutti - i soci personalmente, per cui l’intera operazione risulta “neutra” sotto il profilo del saldo patrimoniale.

D’altronde leggendo il bilancio della Baveno 2000 srl e confrontando i dati del bilancio precedente si nota che le voci sono sostanzialmente invariate, a riprova del fatto che, almeno negli ultimi anni, si tratta di partecipazione non operativa

L’iscrizione fra le controllate o le collegate è in realtà questione tale da non inficiare la legittimità della delibera, nel momento in cui è chiaro a tutti che si trattava di partecipazione pari al 50 % del capitale e ciò era detto a chiare lettere nel bilancio e nella relazione.

In aggiunta questo punto è stato trattato in assemblea, quando ve ne fosse bisogno, ed in quella sede era pacifico che la partecipazione fosse del 50 %, per cui è stato a tutti chiaro quale fosse la misura della partecipazione e quali le possibili dinamiche nella collegata e ciò elimina l’interesse a far valere la doglianza. La Cassazione (Sez. 1, Sentenza n. 8001 del 27/04/2004) ha infatti stabilito che:

“i chiarimenti forniti in assemblea, se adeguati, fanno venire meno l'interesse del socio che li ha chiesti ed ottenuti ad eventuali impugnative della delibera di approvazione in relazione ai punti oggetto dei chiarimenti (In applicazione di tale principio, la Cassazione ha respinto il ricorso del socio, e ha confermato la sentenza di merito che aveva rigettato la sua domanda, sulla base della considerazione che il rispetto dei principi di chiarezza, verità e correttezza devono essere verificati sulla scorta non solo del documento contabile ma anche con riferimento alla relazione degli amministratori e sindaci ed agli eventuali chiarimenti forniti in assemblea e risultanti dal relativo verbale).”

Quanto alla omessa indicazione degli interessi passivi sul debito per i finanziamenti erogati alla Baveno 2000 srl, si osserva che in nessun atto si dice che si dice che siano stati pattuiti interessi e che nel bilancio non è dato leggere questa menzione; anzi nel momento in cui si dice, nella nota integrativa, che la omessa menzione negli anni precedenti non ha comportato variazioni di bilancio comporta che si tratti di un debito infruttiferò: è questo quel che significa la frase “senza che la dimenticanza abbia comportato modifiche al risultato d’esercizio”, che implica la assenza di ripercussioni in termini di flusso della mancata registrazione delle uguali voci attive e passive relative alla partecipazione.

La argomentazione degli attori circa la onerosità del finanziamento relativo alla Baveno 2000 srl, si basa su una presunzione valida sul piano tributario, che non può però valere sotto il profilo civilistico e, comunque, la frase della nota integrativa, circa la assenza di ripercussioni sul bilancio, implica che si trattasse di finanziamento infruttifero.

Esaurito così l’esame delle critiche mosse al documento contabile presentato, si deve a questo punto trattare della informazione in assemblea, se cioè le risposte fornite siano talmente generiche e insufficienti da generare illegittimità della delibera; preliminare è tuttavia stabilire se vi fosse un dovere di fornire queste notizie.

Una prima osservazione discende dalla (sempre piú) diversa natura e disciplina delle spa rispetto alle srl: è proprio di queste ultime, e solo di queste, un diritto del socio al controllo dei minimi fatti della vita sociale, sancito oggi dall’art. 2476 c. 2 cc, in accordo alla destinazione di questo tipo di società: una impresa medio-piccola nel quale i soci hanno un ruolo operativo e, anche per questo, la loro identità non è “indifferente” alla impresa sociale.

Non è così nella società per azioni, nella quale, in accordo con la possibile circolazione della partecipazione incorporata in un titolo di credito, il socio è destinato ad avere un ruolo piú spiccatamente capitalistico-finanziario: un investitore che controlla redditività e gestione, ma che non ha, normalmente, un ruolo operativo all’interno dell’impresa.

Si deve perciò negare che il diritto all’informazione in assemblea si estenda ai singoli fatti di gestione e del resto, come rileva la difesa di parte convenuta,l’art. 2428 cc parla di una relazione sulla gestione “nel suo complesso”, che fa ritenere estraneo ai doveri inerenti al bilancio informare su singoli fatti di gestione, specie quando siano sufficienti i dati aggregati resi nel bilancio a dar conto della gestione, della redditività, come si diceva del capitalista che controlla l’andamento del suo investimento non del socio che tutela i suoi interessi nell’impresa.

Sotto questo profilo una società per azioni “di famiglia”, quale quella per cui oggi si litiga, è quasi una contraddizione di termini, perchè coniuga gli interessi familiari con una struttura destinata a un’impresa capitalisitica nella quale resta tendenzialmente indifferente la identità del socio.

La comparazione dei due tipi sociali vale dunque ad escludere un diritto ad una informativa assembleare che si estenda alle singole operazioni, quando non sia necessario a lumeggiare dati di bilancio o particolarità di determinati dati di gestione, presentati in maniera tale da necessitare approfondimento.

Questo del resto è conforme alla giurisprudenza di Cassazione che sul punto ha per riferimento la sentenza a sezioni unite n. 27 del 2000, laddove si legge:

“è evidente che proprio la discussione assembleare che precede la (eventuale) approvazione del bilancio stesso costituisce il momento privilegiato per ottenere le informazioni dirette a colmare i deficit di conoscenza desumibili dal documento contabile e dalle relazioni di accompagnamento. Tale indirizzo trova oggi espresso riscontro normativo nel testo dell'art. 2423 c.c., in tema di redazione del bilancio, come sostituito dall'art. 2 del d.l.vo 9 aprile 1991 n. 127 (attuativo delle direttive n. 78/660/CEE e n. 83/349/CEE in materia societaria). Il terzo comma di detta norma, infatti, dispone che, se le informazioni richieste da specifiche disposizioni di legge non sono sufficienti a dare un'informazione veritiera e corretta, si devono fornire le informazioni complementari necessarie allo scopo.”

Vi è dunque spazio per un dovere di informazione a complemento dei dovuti dati di bilancio, non per qualcosa che vada oltre e porti alla affermazione di un diritto di informazione su specifiche operazioni gestionali e sul controllo contabile, che non pertiene ai soci, nelle spa, ma a organi a ciò deputati e legati alla società e a specifici doveri, quali il collegio sindacale e, ora, il revisore.

Sulla scorta di questo tipo di considerazioni la Cassazione citata ha stabilito che il diritto all’informazione “è suscettibile di maggiore o minore ampiezza in sede assembleare di approvazione del bilancio, a seconda che minore o maggiore risulti l'esposizione illustrativa della gestione sociale nella relazione di accompagnamento” ed ha poi aggiunto che è dovuta ”una informazione corretta ed esauriente sulla vita societaria” ma che “l'informativa non va spinta fino a riconoscergli un diritto alla "ispezione" della documentazione contabile, essa va comunque soddisfatta con ragionevoli dettagli e chiarimenti forniti in sede assembleare, qualora le spiegazioni non siano già ricavabili dall'analisi della relazione al bilancio”.

Corollario della finalizzazione delle informazioni dovute in assemblea alla migliore illustrazione dei dati di bilancio è che non è diritto del socio avere una determinata risposta, ma una risposta possibile: in altre parole deve trattarsi di quesiti tesi a riempire vuoti di informazione, non a contestare le risposte e i dati di bilancio, quando chiari, o a suscitare imbarazzo o difficoltà a rispondere immediatamente, per indisponibilità dei dati, perchè in tal caso si è fuori dal diritto all’informazione.

La Casaszione ha ricordato che la buona fede è un criterio da usare anche nella esecuzione dei contratti plurilaterali, quali la società e la assemblea sul bilancio è posta come momento di informazione sull’andamento della ‘impresa sociale, non come una sorta di forca caudina alla quale sottoporre gli amministratori.

Posti questi principi si passerà alla disamina delle carenze informative lamentate.

* è stato chiesta la natura finanziaria del credito esistente con la Baveno 2000 srl e si è risposto, in modo effettivamente apodittico che si trattava di un rapporto finanziario, ma in effetti non si capisce cosa di piú si dovesse dire circa un credito all’evidenza per finanziamento soci, mentre la richiesta di presentazione della documentazione, cui la sig. Toma voleva far discendere un aggiornamento della assemblea, non doveva essere evasa, stanti i limiti del controllo dei soci delle spa, di cui s’è detto
* è stato chiesto di visionare i contratti che regolano i contratti finanziari con AFC Finance SA, condizioni, durata e tassi di interesse applicati, ma anche in questo caso si deve concludere che si tratta di informazioni gestionali incompatibili con dati di sintesi e con un controllo che è diverso da quello consentito ai sindaci o ai soci di srl
* è stato chiesto di visionare i contratti che regolano i rapporti finanziari con la Baveno 2000, ma anche questa richiesta di dettaglio è estranea al bilancio
* è stato chiesto chi avesse approvato il bilancio della BAveno 2000 srl, che è un dato tipico di gestione, prodromico forse ad una azione di responsabilità o ad una lite familiare, visto il carattere di questa SPA, ma non alla discussione sull’andamento della società
* è stato chiesto dei finanziamenti degli anni precedenti da Fincaf a Baveno 2000 srl, ma questo, caso mai, attiene ai bilanci precedenti e tra l’altro era pacifico che si trattava di una partecipazione “extracontabile”, per cui nessun dato precedente di bilancio era comparabile.
* viene chiesto della suddivisione degli investimenti fra due alberghi gestitit dalla società, il Simplon e il Bristol, ma si tratta di un dato che può essere fornito in modo aggregato, posto che nemmeno l’impugnante chiarisce quale sia la signficatività della disaggregazione

Da questa semplice disamina emerge il quadro conflittuale nel quale sono state richieste le informazioni e il tentativo di trasformare la assemblea in una revisione contabile.

In generale si osserva che erano richieste non già di integrazioni a dati di bilancio o informazioni sulla genesi delle poste, ma vere e proprie “aggiunte”, dati incompatibili con una relazione sui dati complessivi, dati di vera e propria analisi. Ciò è inammissibile perchè si trasformerebbe la approvazione del bilancio in una revisione contabile. Così non è dato di bilancio dovuto specificare, come pretende l’impugnante, sui costi piú significativi o su quale sia la parte dei ricavi riferibile alla lavanderia e soprattutto verificarne la congruità alla luce della relazione fra presenze alberghiere e camere occupate, ovvero ancora “i nominativi dei fornitori con importi piú rilevanti presenti nei debiti vs.fornitori, ovvero “prendere visione del contratto” di finanziamento alla controllata AIA, o ancora i costi piú significativi che compongono la voce “servizi”, i fornitori oltre i 12 mesi e quali servizi vengano effettuati da costoro.

Una siffatta mole di informazioni richiesta in una sede nella quale non potevano all’evidenza esser fornite, pare piú rispondere alla ricerca di un “casus belli” fra fazioni contrapposte che alla effettiva necessità di informazioni lasciate aperte da “buchi” del documento. Ed in effetti anche la “dimenticanza” della Baveno 2000 srl è stata eccepita proprio dalla minoranza, che evidentemente non era poi così “disinformata” .

In questo quadro anche i chiarimenti richiesti su voci piú prettamente contabili, quali gli ammortamenti o la natura degli “altri ricavi” indicati in bilancio (voci per altro minime, l’una di 5.451 euro e l’altra anche minore), non appaiono significativi di una volontà di contestare i dati di bilancio, bensì di cercare di “cogliere in castagna” gli amministratori.

Questo non può dirsi del tutto conforme ad una esecuzione secondo buona fede, e, soprattutto, non può valere ad inficiare un bilancio del quale, in relazione a queste singole voci, non viene ipotizzato alcun vizio, per cui la richiesta di informazioni appare fine a sè stessa. Non a caso fra le 5 doglianze relative al bilancio non figurano nè gli ammortamenti nè gli “altri ricavi”.

Secondo i canoni della informazione dovuta, anche in relazione ad un bilancio esaustivo, non si reputa quindi che i soci di minoranza disponessero di dati insufficienti, o che disponessero di dati inveritieri, per la valutazione dell’andamento sociale, anche se ne ricercavano di diversi e assai piú approfonditi, tipici di controlli contabili incompatibili con la sede in cui venivano richiesti.

Va pertanto rigettata la impugnazione proposta, con obbligo di rimborso delle spese, da ridursi, rispetto alla notula, di euro 700 per una assistenza ad udienza, da ritenersi ricompresa nell’onorario per discussione.

P.Q.M.


Definitivamente pronunciando sulla domanda, assorbita ogni altra richiesta ed eccezione, respinge le domande tutte degli attori e condanna Corrado «Zacchera», Raffaele «Zacchera» e Teresa Toma, in solido, a rimborsare alla Fincaf spa le spese di lite, che liquida in euro 110 per spese, 1.035 per diritti e 13.510 per onorari, oltre 12.5.% per spese forfettarie e oltre IVA e CPA.

Cosi' deciso nella Camera di Consiglio della sezione OTTAVA del TRIBUNALE ORDINARIO di Milano e pubblicato mediante lettura alle parti in data 18.1.2006.

il Presidente Dott. Ugo FERRARIS
il Giudice estensore Dott. Enrico CONSOLANDI