Trib. Milano, 8 febbraio 2006


SENTENZA N.

N.60241/2004 R.G.

N. R.D.


REPUBBLICA ITALIANA


IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


IL TRIBUNALE DI MILANO


SEZIONE 6° CIVILE



Composto da
Dott.ssa A. VANONI Presidente
Dott. S. Di Blasi Giudice

Dott.ssa A. SIMONETTI Giudice relatore


Ha pronunciato la seguente
SENTENZA


Nella causa civile iscritta al numero di ruolo generale sopra riportato, promossa con atto di citazione notificato in data 17.9.2004, a ministero dell’Aiutante Ufficiale Giudiziario addetto all’Ufficio Unico Notifiche della Corte d’Appello di Milano
DA

LUIGI DALL’AGLIO (c.f.:DLLLGU35R12G252L) e ELISABETTA GARDUMI (c.f.:GRDLBT36D54M104U) residenti a Milano, via Cesare Correnti, n.1, rappresentati e difesi, in virtú di procura speciale in calce all’atto di citazione, dagli Avv.ti Antonio Berardi di Melfi e Antonio Ventura di Milano presso il cui studio sono domiciliati in Via San Vito, n.18,
- ATTORI -
CONTRO


BANCA POPOLARE COMMERICO E INDUSTRIA (c.f: 03910420961) con sede legale in Milano, in persona del Condirettore Generale dott. Francesco Tuccari legale rappresentante in carica p.t. in virtú di poteri conferiti con delibera del CdA del 20.2.2004, rappresentata e difesa, giusta procura speciale alle liti in calce alla citazione notificata, dagli Avv.ti Renzo Ristuccia e Augusto Cirla domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Milano, via Larga, n.15,

- CONVENUTA -
OGGETTO: Contratti finanziari

La difesa degli attori ha precisato le conclusioni come da istanza ex art.8 depositata il 30.5.2005 e la difesa della convenuta come da nota ex art.10, conclusioni che di seguito si allegano:

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


Con atto di citazione ex art. 163 c.p.c. notificato in data 17.9.2004 Luigi Dell’Aglio e Elisabetta Gardumi hanno proposto contro Banca Popolare Commercio e Industria spa (di seguito Banca), in relazione a cinque operazioni di investimento in strumenti finanziari ( la prima, del 29.03.2000, di acquisto di obbligazioni Argentina EUR ARG. 8,125 00-04 TITOLO 35246 al prezzo complessivo di € 62.131,99, la seconda, del 19.06.2000, di acquisto, al prezzo di € 88.583,40, di EUR ARG. 8,125 00-04 TITOLO 35246, la terza, del 19.06.2000, di acquisto al prezzo di € 29.927,09 ai obbligazioni ITL ARG 9% 97-04 TITOLO 27820, la quarta, del 12.09.2000, di acquisto al prezzo di € 237.785,02 di obbligazioni argentine EUR ARG 8,125 98-08 TITOLO 33531, la quinta, del 21.11.2000, di acquisto al prezzo di € 37.183,13 di obbligazioni EUR ARG. 10,25% 00-07) azione di nullità e/o annullabilità e, in via subordinata, azione di responsabilità con condanna al risarcimento dei danni quantificati nella somma di € 455.610,63 o in quella maggiore o minore ritenuta di giustizia, oltre interessi e maggior danno da svalutazione monetaria.
In particolare la difesa degli attori ha dedotto a sostegno delle domande che la banca, nell’attività di intermediazione in strumenti finanziari e dunque nella raccolta ed esecuzione degli ordini di acquisto dei clienti, aveva “violato tutte le disposizioni normative poste a tutela degli investitori” ovvero l’art. 21 TUF, gli artt dal n.26 al n. 30 del Reg. Consob 11522/98.
In particolare ha sostenuto che la banca aveva raccolto l’ordine del 29 marzo 2000 in mancanza di un contratto quadro di negoziazione in strumenti finanziari che era stato concluso solo successivamente, il 5.4.2000; non aveva fornito agli investitori le informazioni e la documentazione prevista dall’art.28 Reg. Consob; aveva fatto sottoscrivere ai clienti il 5.4.2000 un documento sui rischi generali in strumenti finanziari ma aveva poi loro consegnato un documento datato 31.5.2000; aveva raccolto dai clienti informazioni sulla loro propensione al rischio il 5.4.2000 che i medesimi avevano indicato essere “media” e successivamente il 31.5.2000 aveva raccolto dai medesimi clienti altra informazione sulla loro propensione al rischio definita come “alta” omettendo di informare in concreto i medesimi sul differente contenuto e valore delle diverse dichiarazioni; aveva eseguito operazioni di investimento non adeguate senza dare ai clienti le informazioni e gli avvertimenti di cui all’art.29.
In particolare sull’adeguatezza la difesa degli attori ha evidenziato che la banca aveva fatto acquistare ai clienti solo obbligazioni Argentine concentrando il rischio dell’investimento, inoltre ogni investimento in obbligazioni argentine era stato realizzato previo precedente disinvestimento di titoli piú affidabili e meno rischiosi come BOT, titoli della Banca Popolare Commercio e Industria e Fondi ARCA.
La difesa ha dedotto anche che le operazioni sarebbero avvenute in presenza di un conflitto di interesse perché la banca era già in possesso dei titoli venduti ai clienti e di ciò non li aveva informati.
Inoltre la difesa degli attori ha fatto presente che i sigg. Dall’Aglio avevano prima del giudizio richiesto ripetutamente alla banca di esibire la documentazione originale delle operazioni contestate e che la banca aveva consegnato solo copie che presentavano incongruenze ed anomalie sicché in causa la difesa attorea si è riservata “di verificare la veridicità e autenticità delle sottoscrizioni” quando la banca avesse esibito in giudizio gli originali dei documenti.
Si è costituita in giudizio la banca e ha eccepito l’irritualità della citazione; nel merito ha dedotto che gli attori erano investitori di una certa esperienza in quanto il sig. Dall’Aglio aveva svolto la professione di commercialista; che i clienti in piena autonomia e consapevolezza avevano mutato il loro profilo di rischio da medio a alto perché avevano deciso di effettuare investimenti piú redditizi rispetto quelli fino ad allora disposti. Nel merito ha concluso sostanzialmente per il rigetto delle domande.
Dopo la cancellazione della causa dal ruolo ex art.1 co 5 D.Lgs 5/2003 e il deposito da parte degli attori di memoria da qualificarsi come memoria ex art.6 le difese si sono scambiate repliche e contro repliche ex art.7, in particolare l’attore Dall’Aglio ha contestato di essere commercialista affermando di essere dipendente statale in pensione e la moglie casalinga.
In data 25-30 maggio 2005 gli attori hanno proposto istanza ex art.8; la banca ha precisato con nota ex art.10. Nell’ultima difesa prima dell’istanza ex art.8 gli attori hanno eccepito l’inesistenza delle notifiche degli atti della difesa della banca perché effettuate a mezzo fax, modalità di notificazione non ancora regolamentata da una normativa in vigore e pertanto da ritenersi non valida.

Con decreto ex art. 12 il giudice relatore ha disatteso la richiesta degli attori di ordinare alla banca l’esibizione degli originali dei documenti prodotti in copia in causa e ha disatteso le istanze istruttorie della medesima difesa rilevando che la banca non aveva avanzato richiesta di prove orali.

Sono state depositate memorie conclusionali nei termini.

All’udienza di discussione le difese hanno illustrato le reciproche posizioni, il Collegio si è riservato di depositare la decisione del termine di giorni 30 e, a seguito della camera di consiglio, ha deciso la causa come segue.
MOTIVI DELLA DECISIONE


Preliminarmente si conferma il decreto del giudice relatore in punto di prove essendo la causa decidibile sulla base degli atti e dei documenti prodotti.

Sull’eccezione sollevata dagli attori di inesistenza delle notificazioni richieste dalla banca.

Dall’esame degli atti risulta che la banca convenuta ha scambiato i suoi atti processuali con la difesa delle controparti a mezzo fax; che la trasmissione degli atti è stata effettuata direttamente dal difensore della banca, l’avv.Renzo Ristuccia; che la difesa degli attori ex art. 2 e 17 D.Lgs 5/2003 aveva indicato nella memoria ex art.6 il proprio numero di fax per la notificazione degli atti. Risulta altresì che la difesa degli attori ha sempre e nei termini replicato alle difese della banca convenuta sicché il contraddittorio tra le parti va ritenuto integro e perfetto. Ritiene il collegio che l’art. 17 d.lgs 5/2003 detta una disciplina in parte diversa da quella dettata dagli artt.136 e segg. c.p.c.; può dirsi che l’art.17 co 1 D.Lgs 5/2003 autorizza i difensori delle parti allo scambio diretto degli atti mediante notificazione a mezzo fax nell’ipotesi in cui la controparte abbia dichiarato di voler ricevere con tale modalità le notificazioni. L’art.17 co 2 D.Lgs 5/2003 nello stabilire che le trasmissioni degli atti a mezzo fax e per posta elettronica devono essere effettuate nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione e la trasmissione dei documenti informatici e teletrasmessi deve ritenersi richiami l’art.15/2 L.15.3.1997 n. 59 e l’art.14 del D.P.R.445/2000 quanto alla trasmissione telematica degli atti; manca invece nel sistema una normativa specifica per la trasmissione degli atti a mezzo fax con la conseguenza che il rinvio dell’art. 17 co 2 D.Lgs 5/2003, giusto il disposto dell’art.1 co 4 D.Lgs 5/2003, va riferito all’art. 137 c.p.c.: per altro nel nuovo sistema delle notificazioni introdotto nel processo commerciale dall’art. 17 la notificazione non può ritenersi piú atto esclusivo e proprio solo dell’ufficiale giudiziario posto che può essere effettuata anche dal difensore in via telematica nel rispetto del DPR 445/2000, oltre che in applicazione della L. 53/1994; pertanto può dirsi che la notificazione a mezzo fax effettuata direttamente dal difensore e non dall’U.G. nell’attuale sistema implica un vizio di nullità ma non di inesistenza assoluta dell’atto; la nullità della notificazione discende in particolare dalle incertezze che potrebbero sorgere sulla data di trasmissione e di ricezione dell’atto o sull’integrità del medesimo ( in senso conforme Trib.di L’Aquila decreto 25 marzo 2005). La disciplina delle nullità processuali, art. 156 co 3 c.p.c., stabilisce che la nullità non può mai essere pronunciata se l’atto ha comunque raggiunto il suo scopo; nel caso in esame la puntuale e completa difesa degli attori su ogni atto della banca comunicatole direttamente dal difensore a mezzo fax consente di dire che la trasmissione degli atti della convenuta agli attori è stata tempestiva e integrale e che pertanto nessuna nullità può essere pronunciata.

Sulla contestazione circa le copie dei contratti e degli ordini prodotte dalla banca.

I documenti prodotti in copia dalla banca (doc.11, 12),13), 16), 17),18), 19)) possono essere utilizzati non essendo stati oggetto di formale disconoscimento ex art. 215 c.p.c. o ex art. 2719 c.c.. da parte degli attori. La difesa di questi ultimi si è, infatti, lamentata della circostanza che la banca, alla quale aveva presentato, prima della pendenza del presente giudizio, ripetute richieste di consegna degli originali dei contratti di negoziazione con i relativi allegati e degli ordini di investimento e disinvestimento, non vi ha provveduto. La doglianza della difesa dei clienti sul piano del diritto sostanziale è fondata atteso che ai sensi dell’art. 28 co 5 Reg. Consob 11522/1998 “ gli intermediari autorizzati mettono sollecitamente a disposizione dell’investitore che ne faccia richiesta i documenti e le registrazioni in loro possesso che lo riguardano, contro rimborso delle spese effettivamente sostenute.”. Nel processo per altro la difesa non ha contestato in modo formale la conformità delle copie prodotte dalla banca con gli originali ma si è limitata a riservarsi di sollevare eventuali specifiche contestazioni all’esito della produzione degli originali che la banca non ha fatto perché nel processo non tenuta. Si richiama sul contenuto del disconoscimento ex art. 2719 c.c. l’orientamento della Corte di legittimità (Cass. 16232/2004) per cui :”In tema di prova documentale, l’onere, stabilito dall’art. 2719 c.c., di disconoscere “espressamente” la copia fotografica (o fotostatica) di una scrittura, con riguardo sia alla conformità della copia al suo originale, che alla sottoscrizione o al contenuto della scrittura stessa, implica che il disconoscimento sia fatto in modo formale e specifico, con dichiarazione che contenga una non equivoca negazione della genuinità della copia. Pertanto, la relativa eccezione non può essere formulata in maniera solo generica, ma deve contenere specifico riferimento al documento e al profilo di esso che venga contestato, sicchè, ove venga dedotta preventivamente, a fini solo esplorativi e senza riferimento circoscritto al determinato documento, ma con riguardo ad ogni eventuale produzione in copia che sia stata o possa essere effettuata da controparte, la contestazione non preclude l’utilizzazione della copia come mezzo di prova, a meno che non venga ribadita successivamente alla produzione del documento e con espresso riferimento ad esso.” Si rileva, inoltre, che gli attori non hanno contestato l’autenticità delle loro sottoscrizioni sulle copie degli ordini di investimento degli strumenti finanziari oggetto del giudizio e da ciò consegue che il collegio non può avere dubbi sul fatto che gli ordini eseguiti siano stati effettivamente disposti alla banca dai clienti attori.

IL contratto quadro.

Il contratto quadro, nell’ambito del quale va inserito l’ordine di acquisto 29.3.2000 del titolo di debito pubblico dello Stato Argentino EUR ARG. 8,125% 98-08 n. 33531, è quello stipulato il 9.9.1996 da Elisabetta Gardumi con il Banco di Napoli; nel contratto è succeduta al Banco di Napoli la banca convenuta a seguito di cessione di rapporti giuridici ex art. 58 D.Lgs385/1993 posta in essere nell’anno 1999 come risulta dai doc.14 fasc. banca. L’ordine 29.3.2000 è stato sottoscritto dalla sig.ra Gardumi (doc.2 lett.A) fasc. attori) e pertanto risulta validamente inserito nell’ambito del suddetto contratto quadro. L’ordine poi è stato validamente conferito in forma scritta come emerge dal doc.2 lett. A) attori, infondata è pertanto l’azione di nullità dell’ordine perché posto in essere in mancanza di un contratto quadro come richiesto dall’art. 21 TUF e 28 Reg. Consob 11522/98, rilevandosi che nel modulo contrattuale sottoscritto dalla cliente sono presenti le informazioni sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari (art. dal n.5 al n.8); risulta anche che la cliente si era rifiutata di fornire indicazioni sulla sua situazione finanziaria e la propensione al rischio.

Le successive operazioni di investimento si inseriscono nell’ambito del contratto quadro 5.4.2000 e nel contratto collegato di deposito titoli custodia e amministrazione n. 70303 (doc.16 banca) stipulato dalla sig.ra Elisabetta Gardumi e dal sig. Luigi Dall’Aglio; risulta altresì dal doc. 17 della banca che gli attori hanno ricevuto il 5.4.2000 il documento sui rischi generali degli investimenti, in particolare si rileva che la sottoscrizione da parte degli attori della ricevuta di consegna del suddetto documento è elemento sufficiente a dimostrare che la banca ha adempiuto all’obbligazione di informazione preventiva e di contenuto generale cui è tenuta al momento della stipulazione del contratto quadro. Il contratto quadro è stato stipulato per iscritto nel rispetto del vincolo di forma previsto a pena di nullità (relativa) dall’art. 21 TUF. Risulta inoltre che il 5.4.2000 gli attori hanno compilato la scheda sulle informazioni circa la loro situazione finanziaria e i loro obiettivi di investimento dichiarando di avere media esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, media propensione al rischio e come obiettivi la “redditività e rivalutabilità” dell’investimento (doc.2 lett.O fasc. attori). Dunque da un punto di vista formale il contratto quadro è valido ed efficace.

Sul conflitto di interesse.

Gli attori hanno dedotto che la banca ha operato in conflitto di interesse omettendo l’avvertimento di cui all’art.27 Reg. Consob, il conflitto sarebbe evidente, secondo gli attori, dalla circostanza che la banca ha venduto i titoli in contropartita diretta e quindi ha venduto titoli di cui era detentrice. La banca si è difesa rilevando di non aver fatto pagare agli attoro alcuna commissione, circostanza questa non contestata e documentata dalle produzioni 2B, 2D, 2H, 7F degli attori. Dai documenti prodotti dalla banca va altresì escluso che essa abbia venduto ai clienti titoli ad alto rischio che aveva in portafoglio e di cui si voleva “alleggerire”: risulta infatti per tutte le cinque operazioni di investimento disposte dagli attori che la banca ha venduto titoli acquistati da altri intermediari contestualmente all’ordine ricevuto dai clienti o entro un margine di tempo non superiore a 120 minuti: sul punto si richiamano i seguenti documenti della banca: doc.26,27,28,29,30. A titolo esemplificativo si può ricostruire l’esecuzione dell’ordine 19.6.2000 impartito alle ore 12.26 per € 87.000,00 al quale corrisponde un acquisto della banca dalla Banca di Intermediazione mobiliare di pari importo (€ 87.000,00) alle ore 12,43. Tutti i documenti sopra richiamati raffigurano una situazione simile a questa. Dunque va escluso che la banca convenuta abbia agito in conflitto di interesse violando la normativa di settore e va altresì escluso alcun dolo della banca sicchè la domanda di annullamento è infondata e va rigettata.

Sulla violazione degli obblighi di informazione e sull’adeguatezza delle operazioni.

Con riferimento a tutte le operazioni di investimento nei titoli obbligazionari riferibili allo Stato Argentina la difesa degli attori ha dedotto la violazione da parte della banca agli obblighi di informazione nonché l’omesso avvertimento dell’inadeguatezza delle operazioni. In particolare la difesa degli attori ha fatto presente che “già la stampa specializzata a partire dall’anno 1999 considerava la situazione della Repubblica Argentina a rischio per cui era compito precipuo della banca avvertire i propri clienti sui rischi connessi all’acquisto delle obbligazioni argentine.” Le cinque operazioni contestate sono state poste in essere dal mese di marzo 2000 al mese di novembre 2000 per il prezzo complessivo di € 455.610,63. La banca, cui incombeva l’onere ex art. 23 co 6 TUF, di dimostrare di aver agito con la diligenza richiesta e quindi di aver dato ai clienti le adeguate informazioni sulla tipologia dell’investimento che stavano disponendo e sulla sua rischiosità, nulla ha dedotto, non ha chiesto di dimostrare alcunché sul punto. La banca come intermediario abilitato aveva l’obbligazione di dare ai clienti le informazioni di base essenziali per consentire loro di identificare il tipo di investimento che si accingevano a disporre e ciò a prescindere dalla circostanza che il titolo fosse stato autonomamente individuato dai clienti o fosse stato loro indicato dalla medesima banca. Dunque poiché la banca non ha dimostrato quali informazioni ha dato ai clienti deve ritenersi che non abbia adempiuto all’obbligazione prevista dall’art. 21 TUF e 28 Reg. Consob 11522/98.

La violazione degli obblighi di informazione non dà luogo, ad avviso di questo collegio, alla sanzione della nullità ex art. 1418 co 1 c.c., quanto piuttosto, configurandosi come violazione di norme comportamentali che trovano fonte nel contratto di negoziazione in strumenti finanziari (art. 21 TUF), alla responsabilità contrattuale per inadempimento e concorrente extracontrattuale e al conseguente risarcimento del danno oggetto che è stato fatto della domanda subordinata avanzata dalla difesa degli attori. In atti vi è anche domanda di annullamento per dolo, ma anche in relazione al profilo dell’omessa informazione non emerge alcun elemento da cui ritenere un dolo della banca con la conseguenza che la domanda è infondata e va rigettata.

Dunque esaminando nel merito la domanda risarcitoria risulta agli atti, come si è sopra detto, che i clienti avevano al momento della stipulazione del contratto di negoziazione 5.4.2000 dato alla banca le informazioni sul loro patrimonio e loro suoi obiettivi finanziari indicando una media propensione al rischio e come obiettivi la redditività e rivalutabilità del capitale investito (doc. lett. O attori), a maggio dell’anno 2000 gli attori avevano modificato tali indicazioni accettando una propensione al rischio “alta”. La difesa degli attori ha molto insistito sull’irragionevolezza di tale mutamento di indicazione da parte degli attori e ha sostenuto che da ciò dovrebbe desumersi l’ulteriore violazione da parte della banca degli obblighi di informazione; in altre parole gli attori hanno sostenuto che la banca non avrebbe loro fornito le indicazioni necessarie e sufficienti per comprendere le conseguenze del differente profilo di rischio (da medio ad alto) accettato. Il collegio ritiene infondate tali considerazioni valutando che già nel secondo semestre dell’anno 1999 (come risulta dall’estratto del conto relativo al deposito dei titoli n. 70303 degli attori prodotto quale doc.15 dalla banca) gli attori avevano in concreto già accettato, con l’investire per lo piú in fondi Arca, strumenti finanziari dal grado di rischio medio-alto o molto-alto (la valutazione del grado di rischio dei titoli in depositi al 31.12.1999 risulta dal doc. 20 prodotto dalla banca contenente la descrizione dei differenti Fondi Arca detenuti dagli attori). Gli attori avevano al 31.12.1999 oltre a piú di L. 814.000.000 in obbligazioni del Banco di Napoli, titolo all’epoca alquanto rischioso (è notoria la vicenda finanziaria legata al Banco di Napoli), piú di L. 270.000.000 investiti in tre diversi Fondi Arca del grado di rischio “molto alto” o “medio alto”, circa L. 125.000.000 in Fondi Arca di livello di rischiosità “medio”, infine L. 58.000.000 in obbligazioni Banca Popolare Commercio e Industria. La suddetta consistenza del patrimonio in titoli degli attori si era delineata nel secondo semestre dell’anno 1999 poiché fino al 30.6.1999 il portafoglio risultava composto, oltre che dalle obbligazioni del Banco di Napoli, da due fondi Arca di livello “medio”. Dunque risulta la tendenza negli attori ad assumere, fin dal secondo semestre dell’anno 1999, un piú elevato rischio negli investimenti a fronte di una maggiore redditività. In un tale contesto non ha rilievo la modificazione del profilo di rischio da aprile 2000 a maggio 2000 perché essa è coerente con le scelte degli attori precedenti agli acquisti qui in contestazione nel senso che il rischio “alto” indicato a maggio è in linea con il mutato atteggiamento degli investitori nell’ultimo anno; inoltre la consistenza concreta del portafoglio dei clienti porta a ritenere che la violazione degli obblighi di informazione che vi è stata da parte della banca non ha assunto rilevanza causale in relazione al danno lamentato dagli attori. Gli elementi agli atti portano infatti a ritenere che anche se gli attori fossero stati informati delle caratteristiche delle obbligazioni Argentina essi le avrebbero acquistate ugualmente perché in linea con i Fondi Arca che avevano disinvestito e che presentavano per lo piú un profilo di rischio “medio-alto” o “molto-alto”. Va sul punto infatti anche ricordato che gli investimenti in esame sono stati compiuti nell’anno 2000; si trattava di investimenti obbligazionari e non azionari, quindi, per loro natura meno speculativi e rischiosi; si trattava di investimenti in titoli di debito pubblico emessi da uno stato sovrano, in un periodo in cui esso, sebbene facente parte dei paesi emergenti tale da offrire una garanzia attenuata rispetto alle altre nazioni ad economia avanzata, non era stato segnalato da alcuna agenzia di settore come paese a rischio di restituzione del capitale investito. Vero è che la lunga scadenza dei titoli ne implicava una maggiore rischiosità intrinseca, ma all’epoca non era ancora prevedibile il successivo default dello Stato Argentino. In generale va detto infatti che i bond argentini sono, come a tutti noto, obbligazioni riferite ad uno Stato sovrano, non europeo, la cui affidabilità in senso lato, tuttavia, non poteva essere parificata a quella degli stati occidentali ad economia avanzata.

Per questa ragione il loro rendimento era decisamente superiore a quello degli omologhi titoli emessi da questi ultimi.

Il rating che le principali agenzie internazionali ( Moody,s, Standard & Poor’s, Fitch) hanno accordato alle obbligazioni argentine è stato, nel 1997 “BB” ( la migliore delle categorie speculative) e nell’ottobre 1999 “BB-“ (sempre, seppure con un lieve peggioramento, nell’ambito delle migliori categorie speculative). Solo a decorrere dal marzo 2001, e dunque a distanza di tempo dagli acquisti effettuati dagli attori, le agenzie hanno declassato il rating delle obbligazioni della Repubblica Argentina da “BB-“ a “B+” evidenziando l’accresciuta vulnerabilità dei titoli connessa alle avverse condizioni economiche, finanziarie e settoriali del Paese)., sino a giungere, con ulteriori declassamenti, alla categoria “D”: default.

In un tale contesto i titoli Argentina non si presentavano come piú rischiosi dei Fondi Arca di profilo di rischio “molto-alto” già posseduti dagli attori.

Ritiene invece il Collegio che le operazioni disposte dai clienti nel mese di settembre 2000 e di novembre 2000 fossero non adeguate per tipologia, oggetto e frequenza considerando i precedenti investimenti di marzo e giugno fatti dagli attori nel senso che, pur ritenendosi adeguato, secondo un giudizio ex ante, al portafoglio dei clienti l’acquisto di una certa quantità di obbligazioni Argentina, il consentire ai clienti di continuare ad investire somme ragguardevoli in titoli emessi solo dallo Stato Argentina li ha esposti ad un ulteriore rischio, oltre a quello proprio dei titoli Argentina legato alle caratteristiche del paese emergente, al rischio della concentrazione dell’investimento. La banca avrebbe dovuto consigliare agli attori di diversificare gli acquisti in altre tipologie di strumenti finanziari e avvertirli, con le modalità di cui all’art.29 Reg. Consob, dell’inadeguatezza degli investimenti, cosa che non ha fatto. Ha già ritenuto questo Tribunale che le norme che regolano la condotta dell’intermediario nello svolgimento del servizio di investimento del tipo di quello dedotto in giudizio, art. 21-25 TUF e Parte II tit I del Reg. Consob, sono poste, oltre che a tutela di interessi generali, di sistema, anche a tutela dello specifico interesse del risparmiatore affinché compia operazioni adeguate su strumenti finanziari consapevolmente informato di ogni rischio, a tutela del suo risparmio. L’interesse del risparmiatore e del sistema dei mercati finanziari in generale tutelato dalle norme del Tuf è quel medesimo interesse danneggiato degli attori per la cui tutela hanno agito in giudizio, interesse che le regole di comportamento violate dalla banca, art. 21 TUF e 29 Reg. Consob volevano specificamente tutelare. La violazione delle suddette regole costituisce inadempimento imputabile dell’intermediario; in un tale contesto, considerando dunque l’interesse tutelato dalle norme violate dall’intermediario convenuto e la lesione di quel medesimo tipo di interesse degli attori, va riconosciuto, mancando inoltre elementi concreti e specifici che consentano di escluderlo, il nesso di causalità tra l’inadempimento della banca all’obbligazione di cui all’art.21 TUF e 29 Reg. Consob 11522/98 e il danno costituito dalla perdita del capitale investito nelle due operazioni di settembre 2000 e novembre 2000 (Trib. Genova sez. I 15.3.2005); è ragionevole ritenere che probabilmente se correttamente informati dell’inadeguatezza gli investitori non avrebbe scelto i suddetti investimenti.

Il danno si quantifica € 254.059,00 dedotto il valore attuale dei titoli in questione; alla liquidazione del danno si perviene considerando il prezzo pagato per ogni investimento(€ 237.785,02 e € 37.183,13) dedotto il valore delle cedole riscosse che risulta dal doc. 19 della banca, per le obbligazioni EUR ARG 8,125% 98-08 N. 33531, acquistate il 12.9.2000 per € 237.785,02, di € 17.771,63 regolate il 23.4.2001 e per le obbligazioni EUR ARG 10,25% 00-07 N. 34996, acquistate al prezzo di € 37.183,13, di € 3.137,52 regolate il 26.1.2001. Alla somma che residua di € 254.059,00 ( 237.785,02+37.183,13= 274.968,15–(17.771,63+3.137,52)=254.059,00) va dedotto, come fondatamente richiesto dalla banca convenuta, il valore, alla data della presente decisione (l’8.2.2006), della quantità di titoli obbligazionari che gli attori continuano a possedere (Titolo 33531 EUR ARG. 8,125 98-08 quantità Eur 250.000,00 parità 1 e titolo 34996 EUR ARG 10,25% 00/07 quantità Eur 35.000,00 parità 1) valore che risulta dalla quotazione del mercato internazionale. La liquidazione del danno così operata è in moneta attuale poiché tiene conto del valore ad oggi dei titoli che rimangono in possesso degli attori, sicché non occorre utilizzare per attualizzare il danno alla data della sua liquidazione il parametro della rivalutazione del denaro impiegato per l’acquisto e l’applicazione degli interessi compensativi; dalla data successiva al giorno della decisione l’obbligazione pecuniaria, divenuta di valore, produce interessi fino al saldo effettivo.

All’accoglimento in parte delle domande consegue la condanna della banca convenuta alla rifusione in favore degli attori delle spese processuali nella misura del 50% e la compensazione tra le parti della restante quota del 50%. Le spese processuali si liquidano per il 50% in, vista la nota depositata dalla difesa degli attori e visto il D.M. 8.4.2004 n. 127, considerando il valore della controversia in € 939,00 per diritti ed € 2.500,00 per onorari, oltre al rimborso spese generali ex art. 14 TPF, Cpa e iva se di legge.

P.Q.M.


Il Tribunale, definitivamente pronunciando, così definitivamente provvede ogni altra istanza ed eccezione disattesa:

Accoglie in parte la domanda e condanna la banca convenuta a pagare agli attori a titolo di risarcimento del danno in relazione agli investimenti EUR ARG. 8,125 98-08 Titolo N. 33531 e EUR ARG 10,25% 00-07 Titolo N. 34996 la somma di € 254.059,00 dedotto da tale importo il valore che risulta dalla quotazione del mercato internazionale alla data della presente decisione (l’8.2.2006) della quantità di titoli obbligazionari posseduti dagli attori Titolo 33531 EUR ARG. 8,125 98-08 quantità Eur 250.000,00 parità 1 e titolo 34996 EUR ARG 10,25% 00/07 quantità Eur 35.000,00 parità 1.

Condanna la convenuta alla rifusione delle spese processuali in favore degli attori nella misura del 50% liquidate in motivazione compensandosi il restante 50% tra le parti.

Milano, 8.2.2006

Il Giudice estensore


Il Presidente